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Thursday, April 21, 2011

Che cosa ci impedisce la precoce mobilizzazione in terapia intensiva?

E’ il titolo di un editoriale di Critical Care Medicine del 2010 in cui mi sono imbattuto facendo una ricerca bibliografica finalizzata a capire meglio il ruolo della fisioterapia in terapia intensiva. Gli fa eco un articolo sul supplemento dello stesso numero che recita così: “Creare la terapia intensiva animata . Visto l’interesse mostrato per le problematiche di sedazione e weaning dalla ventilazione durante l’ultimo corso ho pensato fosse bene tornare sull’argomento presentando un lavoro che spero stimolerà la discussione.

Schweickert e Pohlman [1] hanno pubblicato su Lancet nel 2009 un trial clinico randomizzato su pazienti critici in ventilazione meccanica e con somministrazione di sedativi; nel gruppo in trattamento (49 pazienti) la sedazione veniva sospesa quotidianamente e, se ricorrevano i criteri, iniziata un’attività di “terapia fisica ed occupazionale” mente nel gruppo controllo (55 pazienti) alla sospensione della sedazione faceva seguito il normale trattamento in uso in quei reparti. L’obiettivo primario era di verificare l’indipendenza funzionale alla dimissione dall’ospedale, quelli secondari di quantificare i giorni liberi da delirio, i giorni liberi da ventilazione meccanica, la durata della degenza in ICU e in ospedale. Per valutare lo stato di coscienza è stata usata la RASS, per il delirio la CAM – ICU; veniva raccolto il Bartel index e il ADLs pre morboso e gli stessi indici utilizzati per valutare l’outcome funzionale. Le attività valutate consistevano in “abluzione, medicazione, deglutizione, toeletta, trasferimento dal letto alla sedia, uso del bagno” e camminare; preliminari a queste il passaggio dalla posizione supina alla seduta, il sedersi sul bordo del letto, ecc. Tali attività erano somministrate da fisioterapiste. La durata media della terapia fisica – occupazionale è stata di 26 ± 14 min (nei pazienti ventilati) Contemporaneamente i pazienti venivano valutati anche per trial di respiro spontaneo ed estubazione.

     I risultati mostrano che i pazienti nel gruppo controllo hanno raggiunto alla dimissione dall’ospedale un miglior grado di indipendenza funzionale (il 59% indipendenti vs 35% del gruppo controllo); hanno sofferto per minor tempo di delirio sia in ICU (p = 0,02) sia in ospedale (p = 0,01); sono stati per più giorni liberi dal ventilatore (p = 0,05). Inoltre il 43% dei pazienti nel gruppo trattamento rispetto al 24% del controllo sono stati dimessi a casa. Inoltre la terapia fisica è stata somministrata precocemente (1,5 giorni dopo l’inizio della ventilazione rispetto a 7,4).

Quindi nei pazienti intensivi in ventilazione meccanica l’interruzione quotidiana della sedazione associata a terapia fisica ed occupazionale favorisce il raggiungimento dello stato funzionale premorboso al momento della dimissione dall’ospedale, rispetto alla sola sospensione della sedazione. Nulla possiamo dire sull’outcome a lungo termine.

Nessun grave effetto avverso su 498 terapie somministrate: una desaturazione < 80%, nessuna estubazione accidentale, una accidentale rimozione di catetere arterioso; nel 19% dei casi è stato necessario interrompere il trattamento generalmente per asincronie paziente/ventilatore.

 Questo è applicabile anche sui nostri pazienti? I pazienti dello studio erano giovani (media 57 anni) con APACHE II di 20 ed un Barthel premorboso di 100 (85 – 100). Da una successiva pubblicazione [2] che prende in considerazione il solo gruppo trattamento dello studio originario si ricava che non c’è nessun paziente neurologico/NCH, che la FiO2 si collocava tra 40 e 60 % e la PEEP era sempre <= 12 cmH2O. Peraltro è stato praticato il 17% dei trattamenti con in corso l’infusione di un singolo vasoattivo e il 14% con almeno due; nel 9% con una terapia dialitica continua.

Creare la terapia intensiva animata è un’affermazione provocatoria che deve spingerci a considerare gli effetti dannosi di una ventilazione prolungata, di una sedazione eccessiva e ininterrotta, di una immobilità forzosa (appunto quando non necessaria) dei nostri pazienti; inoltre ridurre il delirio permette di incidere sull’outcome dei pazienti ventilati. Come sempre passando dal campo sperimentale a quello clinico starà a noi adattare il modello alla nostra realtà e alle caratteristiche del nostro paziente. Migliore stato funzionale alla dimissione si traduce in migliore qualità di vita, in minor impegno assistenziale fuori dall’ospedale; personalmente mi ricorda molto il modello della stroke unit. Occorre certo l’impegno di tutti: medici, infermieri, fisioterapisti e soprattutto una evoluzione culturale.

Voi cosa ne pensate?

 Bibliografia

[1] William D Schweickert Early physical and occupational therapy in mechanically ventilated, critically ill patients: a randomised controlled trial Lancet 2009; 373: 1874–82

 [2] Mark C. Pohlman Feasibility of physical and occupational therapy beginning from initiation of mechanical ventilation Crit Care Med 2010; 38: 2089–2094

Wednesday, February 23, 2011

Svezzamento e riabilitazione.

Medici ed infermieri sono abituati ad ottenere la sopravvivenza nelle Terapie Intensive di persone fragili, a volte con risoluzione precaria o incompleta dell’insufficienza respiratoria. E la domanda che ci poniamo, in questi casi, è sempre la stessa: “e adesso che si fa?”.

Il contributo di questa settimana degli amici di Villa Pineta ci insegna due cose:

1) quali pazienti possono giovarsi di una riabilitazione intensiva di qualità

2) gli elementi principali dell’approccio riabilitativo.

Non rubo altro spazio al post, tutto da leggere e da commentare.

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Il nostro gruppo di lavoro si occupa di riabilitazione in area critica dal 1998. Da diversi anni il case-mix che accede al nostro reparto proviene dalle rianimazioni della nostra ASL e da alcuni ospedali del centro-sud Italia; esso è fondamentalmente costituito da pazienti affetti da gravi patologie croniche e cronico-riacutizzate di tipo respiratorio, cardiologico e neuromuscolare, tracheoventilati dopo numerosi tentativi di svezzamento (in media il tempo che intercorre tra l’esecuzione della tracheotomia e l’ingresso in Unità di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR) è di circa 20 giorni)

Tra i criteri di accesso viene data fondamentale importanza a due fattori:

1- il mantenimento della funzione cognitiva

2- la stabilità del quadro clinico

Questi due fattori sono infatti fondamentali affinché ciascun paziente possa aderire al protocollo riabilitativo e trarne il massimo vantaggio. Infatti, gli obbiettivi del protocollo riabilitativo personalizzato per ogni singolo paziente sono lo svezzamento dalla ventilazione meccanica ed il ripristino del massimo livello di autonomia funzionale e delle abilità quotidiane, queste ultime misurate tramite la scala BADL (Basic Activity Daily Living).

A tale scopo, alla nostra UTIR sono da anni assegnati gli stessi 2 fisioterapisti che trattano i pazienti 2 volte al giorno, dal lunedì al sabato, con un carico di lavoro di circa 2 ore al mattino e 2 ore al pomeriggio per ciascun paziente.

E’ fondamentale che il progetto riabilitativo sia:

a- individuale

b- basato sulla raccolta di outcome precisi e misurabili

c- che venga iniziato precocemente, entro le 24ore dall’ingresso in reparto.

All’ingresso del paziente in UTIR, il fisioterapista, su specifica richiesta di attivazione del medico (che si avvale di una scheda ingresso in cui sono riportate le più importanti notizie riguardanti anamnesi medica, anamnesi chirurgica, devices, alimentazione, informazioni cliniche sulla entità ed estesione delle piaghe da decubito, presenza/assenza di atopie, presenza/assenza di trattamento anticoagulante ed il livello di coscienza), apre la cartella clinica riabilitativa del paziente, costituita dalle seguenti parti:

a- generalità, parametri antropometrici, data di ingresso, data inizio e fine fisiokinesiterapia (FKT)

b- raccordo anamnestico

c- accurato esame obbiettivo del torace e della tipologia di respiro del paziente

d- valutazione riflesso della tosse

e- valutazione dell’escreato

f- presenza e localizzazione delle lesioni da decubito

g- valutazione di EGA, SatO2%, PaO2/FiO2, MIP/MEP, PEF

h- valutazione della disability (gruppi muscolari selettivi, come il bicipite brachiale, il quadricipite femorale ed il gran dorsale)

i- valutazione dell’handicap (tramite la scala BADL, che valuta le basic activity daily living e la scala di Kelly-Matthay, che valuta l’aderenza cognitiva all’Fkt)

j- valutazione presenza/assenza e grading disfagia.

In base a tutte queste informazioni si compila poi il Triage, un ausilio a punteggio tramite il quale ogni paziente viene allocato in uno dei due protocolli D1 e D2, caratterizzati da un insieme di attività fisiochinesiterapiche specifiche quali ad esempio mobilizzazioni passive, attive-assistite e attive per gli arti superiori, inferiori, il tronco e l’elettrostimolazione agli arti inferiori e ai glutei.

Le posture vengono attuate ogni 2 ore; a tutto ciò si aggiunge la terapia occupazionale ed il trattamento dell’eventuale disfagia.

Il Triage è anche una valutazione importantissima di outcome, poiché viene compilato ogni 7 giorni e ci dà una fotografia esaustiva dei risultati ottenuti col protocollo riabilitativo individualizzato. Il passaggio infatti dal protocollo D1 al protocollo D2 si ottiene con un punteggio di Triage < a 10. Purtroppo non sempre si riescono ad ottenere performances che consentono di passare al secondo step; nel caso dei pazienti affetti da malattie neuromuscolari, il nostro obbiettivo sarà quello di alleviare le sofferenze tramite trattamenti antalgici, quali la terapia fisica antalgica, i massaggi, le manipolazioni articolari e le posture. Altro compito del fisioterapista è poi l’educazione del care-giver per addestrarlo al corretto utilizzo delle attrezzature quali l’aspiratore, il ventilatore, ed i devices a pressione positiva per la mobilizzazione/aspirazione delle secrezioni profonde (in-exsufflator, IPV), nell’ottica di agevolare un eventuale rientro al domicilio.

Ci tengo a sottolineare quanto sia importante nella nostra UTIR il lavoro d’equipè e la sintonia di “squadra” che lavora sui nostri pazienti.

Gli obbiettivi del fisioterapista infatti vanno di pari passo con quelli del medico, dell’infermiere, della dietista e della psicologa e vanno discussi, affrontati, pianificati assieme e quotidianamente, oltre che “formalizzati” una volta alla settimana nella usuale riunione d’equipe.

Francesca Degli Antoni (Responsabile FKT UTIR, degliantoni.francesca@villapineta.it)

Claudio Benedenti (FKT UTIR, beneventi.claudio@villapineta.it)

Ludovico Trianni (areamedica@villapineta.it)

Ventilab.org è definitivamente sostituito da www. ventilab.it

Come già da tempo preannunciato, l'attività di ventilab proseguirà unicamente su www.ventilab.it . Da questo momento www.ventilab.org ...