Riprendiamo la discussione del post della scorsa settimana: i pazienti con ARDS devono fare SEMPRE un basso volume corrente? Anche quando si adattano alla ventilazione meccanica solo se hanno un alto volume corrente?
Dopo aver visto perchè può sembrare che i pazienti con ARDS vogliano a volte alti volumi correnti (spazio morto + oppioidi, vedi post del 16 giugno), cerchiamo di capire se questo modo di respirare a essere dannoso. Prendiamo a titolo di esempio il paziente di un metro e 70 che ci ha proposto Francesco. Le parti piu’ tecniche (e forse ostiche) sono in corsivo. Se proprio fai fatica a seguirle, non ti preoccupare, fai un atto di fede e saltale: arriverai comunque a comprendere il messagio finale.
Pressione elastica (driving pressure).
Sappiamo che il paziente, curarizzato e dopo una manovra di reclutamento, ha una pressione di plateau (Pplat) di 26 cmH2O con PEEP 16 cmH2O. La differenza tra Pplat e PEEP totale (PEEP totale = PEEP + PEEP intrinseca) è la pressione necessaria per generare il volume corrente (pressione elastica o driving pressure, vedi post del 10 aprile 2011). In questo esempio assumeremo che non vi sia PEEP intrinseca.
L’elastanza.
Ipotizzando l’assenza di PEEP intrinseca, la pressione elastica (Pel) è 10 cmH2O con 0.48 l di volume corrente. L’elastanza (E), che si ottiene dividendo Pel per il volume corrente (VT), è circa 21 cmH2O/l. L’elastanza misura la “rigidità” dell’apparato respiratorio e ci dice quanti cmH2O di pressione ci servono per mettere un litro di gas nell’apparato respiratorio. Possiamo quindi ipotizzare che la driving pressure quando il paziente ventila 1 litro sia 21 cmH2O.
Per procedere nel nostro esempio, facciamo un po’ di (fanta)meccanica respiratoria, introducendo ipotesi su dati che non abbiamo a disposizione.
A 1 litro di volume corrente (con 16 di PEEP) possiamo facilmente ipotizzare che ci sia un progressivo aumento di E dovuto al fatto che il volume corrente si sposta oltre il punto di flesso superiore della relazione statica pressione-volume dell’apparato respiratorio. Se non ti è chiaro il concetto, per ora credimi sulla parola: approfondiremo l’argomento nelle prossime settimane. Ed è anche possibile che E fosse minore prima della manovra di reclutamento, necessaria per la ricerca della best PEEP con il metodo scelto da Francesco. Quindi definiamo (realisticamente) che Pel potesse essere circa 25 cmH2O quando il nostro paziente ventilava con 1 l di VT.
L’equazione di moto dell’apparato respiratorio.
La pressione che misuriamo nelle vie aeree (Paw) di un paziente in ventilazione meccanica è sempre la somma di tre componenti: Pel, pressione resistiva (Pres) e PEEP totale (1). Pel è, come abbiamo visto, la pressione necessaria per immettere il volume corrente nell’apparato respiratorio e si calcola come prodotto tra VT ed E. Pres è la pressione per generare il flusso attraverso le vie aeree e si calcola come prodotto tra resistenze (R) e flusso inspiratorio (V’).
In sintesi:
Paw = Pel + Pres + PEEP totale = E x VT + R x V’ + PEEP totale (1)
Sembra difficile, ma in realtà è semplicissima: la somma delle pressioni per dare volume (Pel) e flusso (Pres) più la pressione basale (PEEP totale).
In respiro spontaneo si riducono le pressioni nel nostro apparato respiratorio durante l’inspirazione. Esattamente il contrario della ventilazione meccanica.
Nei pazienti ventilati con attività respiratoria spontanea, la Paw si calcola sottraendo all’equazione 1 la pressione generata dai muscoli respiratori (Pmus).
L’equazione di moto quindi diventa:
Paw = Pel + Pres + PEEP totale – Pmus = E x VT + R x V’ + PEEP totale – Pmus (2)
Riscriviamo la equazione 2 per conoscere la Pmus:
Pmus = Pel + Pres + PEEP totale – Paw = E x VT + R x V’ + PEEP totale – Paw (3)
Torniamo al nostro paziente quando ventila con pressione controllata (PCV) 15 cmH2O ed 1 litro di VT. Ipotizziamo che abbia una Pres di 4 cmH2O e ricordiamo che abbiamo stimato una Pel di 25 cmH2O (vedi sopra) e che la PEEP era 16 cmH2O. Sappiamo che la pressione nelle vie aeree era (al massimo) 31 cmH2O (15 di PCV + 16 di PEEP).
Risolviamo ora l’equazione 3 con i dati del paziente: Pmus = 25 cmH2O + 4 cmH2O + 16 cmH2O – 31 cmH2O = 14 cmH2O. Questo significa che quando il paziente ventila con un VT di 1 litro, potrebbe generare una depressione pleurica inspiratoria di circa 14 cmH2O. E’ del resto evidente che il paziente respiri attivamente in questa condizione. Come spieghi altrimenti che con soli 15 cmH2O di PCV genera un volume corrente (1 l) più che doppio rispetto a quando ha 10 cmH2O di driving pressure in volume controllato (0.48 l)?
Stress e pressione transpolmonare.
Uno dei fattori che generano danno polmonare indotto dal ventilatore (ventilator-induced lung injury, VILI) nella ARDS e’ lo stress, che misuriamo come la pressione transpolmonare a fine inspirazione (2). La pressione transpolmonare e’ la differenza tra la pressione all’interno del polmone (misurabile come Pplat) e quella al suo esterno, cioe’ la pressione pleurica.
Vediamo ora cosa succede alla pressione transpolmonare nelle due condizioni che finora abbiamo analizzato:
a) volume controllato, VT 0.48 l, PEEP 16 cmH2O, Pplat 26 cmH2O
b) pressione controllata 15 cmH2O, PEEP16 cmH2O, VT 1 l
In entrambe le condizioni la PEEP e’ 16 cmH2O. Possiamo accettare che, a fine espirazione, la pressione pleurica sia simile alla PEEP nei pazienti con ARDS (3). La pressione transpolmonare è quindi zero. Questa condizione di partenza è schematizzata nella parte alta della figura qui sotto.
Sotto la linea tratteggiata a sinistra guardiamo cosa succede nella condizione a). L’apparato respiratorio viene insufflato ed aumenta la propria pressione di 10 cmH2O, raggiungendo i 26 cmH2O, come misurato con la Pplat. Se la elastanza della gabbia toracica e’ uguale a quella del polmone (4), meta’ dell’aumento di pressione si trasmette nello spazio pleurico. Quindi a fine inspirazione la pressione pleurica aumenta di 5 cmH2O, arrivando al valore di 21 cmH2O. La pressione transpolmonare e’ 5 cmH2O. Un valore molto basso, poco stress, tutto bene.
Sotto la linea tratteggiata a destra, vediamo invece la condizione b). A fine inspirazione la pressione nelle vie aeree e’ 31 cmH2O (15 di PCV + 16 di PEEP). Questa non e’ la pressione di plateau, che stimiamo un po’ piu’ bassa a 27 cmH2O. La pressione pleurica, come abbiamo visto nei calcoli effettuati sopra, potrebbe essersi ridotta di 14 mH2O per lo sforzo inspiratorio del paziente, arrivando a 2 cmH2O. La pressione transpolmonare in questa condizione e’ 25 cmH2O. Un valore molto alto, tanto stress, tutto male.
Tutti questi calcoli, sebbene corretti da un punto di vita concettuale, si fondano su ipotesi e semplificazioni. Ad ogni modo, al di là dei giochi matematici della (fanta)meccanica respiratoria, il messaggio finale da portare a casa e’ uno solo: il volume corrente alto fa male anche se ottenuto con basse pressioni delle vie aeree in pazienti che mantengono una attivita’ inspiratoria spontanea, nonostante questa sia apparentemente ben sincronizzata con la ventilazione meccanica. L’attività respiratoria spontanea in queste condizioni infatti potrebbe aumentare in maniera occulta la pressione transpolmonare.
Questa conclusione sembra essere supportata anche dai risultati dello studio Acurasys (5) (vedi post del 13 marzo 2010), che documenta una riduzione della mortalità nei pazienti con ARDS sottoposti a curarizzazione profonda: sicuramente in questi pazienti non vi erano riduzioni inspiratorie della pressione pleurica che possono avere aumentato la pressione transpolmonare.
Spero di essere riuscito a far leggere fino in fondo questo post piuttosto tecnico.
Un saluto a tutti.
Bibliografia.
1) Harris RS. Pressure-volume curves of the respiratory system. Respir Care 2005; 50:78-98
2) Gattinoni L et al.The concept of “baby lung”. Intensive Care Med 2005; 31:776-84
3) Loring SH et al. Esophageal pressure in acute lung injury: do they represent artifact or useful information about transpulmonary pressure, chest wall mechanics, and lung stress? J Appl Physiol 2010; 108:515-22
4) Gattinoni L et al. Chest wall elastance in acute lung injury/acute respiratory distress syndrome. Crit care 2004; 8:350-5
5) Papazian L et al. Neuromuscular blockers in early Acute Respiratory Distress Syndrome. N Engl J Med 2010; 363:1107-16