Tutti noi siamo spesso alle prese con il difficoltoso svezzamento dalla ventilazione meccanica di pazienti deboli e malnutriti. E ci rendiamo ben conto che lo svezzamento sarà solo una speranza se non invertiamo riusciamo ad aumentare forza e trofismo muscolare.
Il post di oggi ci aiuta ad avere una visone completa del problema della gestione della nutrizione nel paziente. E’ uno degli apprezzati contributi di Ludovico Trianni e dei colleghi della Unita di Terapia Intensiva Respiratoria (UTIR) di Villa Pineta. Ringrazio gli autori per avere prodotto una sintesi efficace sull’argomento e soprattutto per la disponibilità che avranno a rispondere alle nostre domande e commenti.
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Premessa.
La deplezione nutrizionale nella BPCO (in forma sia di riduzione del peso corporeo che della massa muscolare) è stimabile nel 30-40% dei pazienti con malattia in fase avanzata e si correla come fattore indipendente alla mortalita’.
Alterazioni del peso e della composizione corporea sono più frequenti:
- nella forma enfisematosa di BPCO;
- nella malattia in fase avanzata;
- nei pazienti che ricevono terapia steroidea per via orale.
La perdita di peso così come la deplezione in massa non grassa, sono soprattutto il risultato di una negativizzazione dell’equilibrio tra intake alimentare e spesa energetica, mentre la debolezza muscolare è la conseguenza di un’alterazione dell’equilibrio tra sintesi e catabolismo proteico.
Questa negativa risposta del paziente con BPCO severa al trattamento nutrizionale è attribuibile sia alla sua frequente diminuzione dell’intake, che alla coesistenza di un vivace stato di infiammazione sistemica (elevate concentrazioni, in circolo, di TNF-alfa e leptina). Esso ha vaste ed ancora non ben studiate conseguenze; infatti diversi autori hanno in letteratura segnalato come lo stato infiammatorio sistemico citokino-mediato comportino nella BPCO severa:
- inibizione dell’asse ipofisi-ipotalamico (con < produzione di cortisolo e testosterone => < sintesi proteica)
- > della leptina secreta -> inibizione centro ipotalamico della fame => < intake alimentare)
- > dell’apoptosi cellulare (per > attività macrofagica, > proteolisi TNFα-mediata, > stress ossidativi)
- a livello cellulare < del numero dei mitocondri con < della fosforilazione ossidativa
- < di produzione dell’ IGF (insulin- growth factor) con conseguente < produzione di insulina, il più importante ormone di stimolo della sintesi proteica a livello epatico,
- diminuzione della gluconeogenesi epatica
- > turnover di aminoacidi ramificati di origine muscolare, sia per compensare la diminuita sintesi epatica sia come fuel di riserva durante gluconeogenesi ridotta.
La disfunzione muscolare periferica che ne consegue è nel BPCO caratterizzata da atrofia, debolezza e bassa capacità ossidativa; questi suoi mutamenti funzionali influenzano la tolleranza all’esercizio e la qualità di vita indipendentemente dal danno funzionale ventilatorio. (Maltais 2002) e può essere presente anche nei pazienti BPCO con peso stabile. (EUROPEAN RESPIRATORY SOCIETY 2002. Standards for diagnosis and management of COPD).
Valutazione e gestione dello stato disnutrizionale nella nostra UTIR
Da circa 3 anni abbiamo impostato un intervento nutrizionale strutturato con l’obiettivo di mantenere o raggiungere un buono stato nutrizionale e di fornire un’alimentazione adeguata alle esigenze specifiche dei pazienti. Un corretto stato nutrizionale ha lo scopo di favorire il percorso riabilitativo tramite la corretta assunzione ed assorbimento di fattori nutrizionali ed energetici essenziali al ripristino della massa magra e al riallenamento muscolare attivo.
L’intervento nutrizionale in UTIR si articola in tre fasi:
- valutazione dello stato nutrizionale
- impostazione del piano nutrizionale
- follow-up.
1) La prima fase è la più delicata e complessa, perché se è vero che esistono score come l’NRS (Nutritional Risk Score) che “fotografano” la compromissione dello stato nutrizionale del paziente all’ingresso, è poi molto difficile valutare la malnutrizione caso per caso nel singolo paziente ricoverato in UTIR, paziente che per esperienza è sempre a rischio di elevata malnutrizione e con marcata comorbilità (Charlson Index medio 5). Da qui nasce la necessità di una stretta collaborazione tra il medico e la dietista per valutare il paziente nel suo complesso. Innanzi tutto è necessario valutare la presenza di patologie a maggior impatto nutrizionale (diabete, disfagia, sindrome nefrosica, LDD-lesioni da decubito…); ma non è sufficiente perché altri aspetti molto importanti da rilevare sono l’appetito, la capacità digestiva, le turbe dell’alvo e lo stato della dentizione (alta incidenza di pazienti eduntuli).
Per valutare lo stato nutrizionale è necessario rilevare i principali indici antropometrici: peso, altezza e BMI (body mass index); occorre ricordare come il peso sia un indicatore grossolano della composizione corporea e l’interpretazione delle sue modificazioni a medio e lungo termine deve tenere conto della sua eterogeneità come indicatore composizionale.
Per ottenere un quadro più esaustivo della composizione corporea viene eseguita un’analisi vettoriale di impedenza bioelettrica o BIA vettoriale che, in base alla misurazione di resistenza/altezza e reattanza/altezza, offre uno studio quantitativo della massa cellulare e della Total Body Water (TBW) espressa nei compartimenti intra ed extra cellulare. I risultati permettono di valutare in modo più critico le variazioni ponderali (se riguardano lo stato di idratazione o la massa cellulare) e permettono di determinare l’accuratezza della terapia diuretica; l’esame viene ripetuto qualora si evidenzino importanti variazioni di peso, anche più volte in una settimana.
Le modificazioni del peso che precedono il ricovero forniscono importanti indicazioni sullo stato nutrizionale: una calo di peso involontario > del 5% in un mese è ritenuto dalla letteratura internazionale significativo per malnutrizione anche se il paziente è obeso.
Infine dovranno essere presi in considerazione gli indici bioumorali in particolare albumina, transferrina e linfociti; soprattutto questi ultimi due sembrano correlare molto bene con l’andamento dello stato nutrizionale.
Nella tabella sotto riportata sono state schematizzare tutte queste informazioni.
parametro | malnutriti in modo severo o moderato | malnutrizione lieve o evidente rischio nutrizionale |
BMI (kg/m2) | < 17 | < 20 |
Calo del peso corporeo involontario rispetto al peso abituale | >10% | 5-10% |
Calo del peso corporeo involontario rispetto al peso ideale | > 20% | 10-20% |
Albumina g/dL | < 2.9 | 3-3.5 |
Linfociti mm³ | < 1199 | 1200-1500 |
Transferrina mg/dL | < 149 | 150-200 |
Altro | | Stima o previsione di insufficiente nutrizione orale per almeno 10 giorni |
Stato catabolico (edema, indici di flogosi alterati, deplezione delle proteine viscerali, riduzione dei linfociti circolanti, ritardo nella guarigione delle ferite) |
2) Passiamo ora alla fase successiva, è necessario stabilire come nutrire il paziente.
Quali aspetti considerare:
- le patologie e l’impatto che hanno sull’assetto nutrizionale, soprattutto per stabilire la corretta composizione bromatologia della dieta (ripartizione in proteine, lipidi e carboidrati) sulla base delle principali indicazioni dietoterapiche presenti in letteratura
- la via di somministrazione (nutrizione enterale (NE), parenterale (TNP), periferica (NPP), per os o mista)
- il fabbisogno calorico (per la maggior parte dei pazienti vengono fornite 25-35 kcal non proteiche per kg di peso corporeo)
- il fabbisogno proteico (in base alla patologia di base vengono forniti 0,8-1,5 g di proteine per kg di peso corporeo)
- gli obiettivi del programma riabilitativo
- i gusti alimentari del paziente
I fabbisogni calorici e proteici vengono stabiliti in base al peso corporeo del paziente e della patologia di base; il problema principale sta nel fatto che in letteratura raramente è specificato se si debba usare il peso reale o il peso ideale, con il rischio di sovrastimare o sottostimare l’apporto di nutrienti soprattutto per i pazienti che presentano valori estremi di BMI (obesità o sottopeso).
Per ogni paziente viene impostato uno schema nutrizionale individualizzato in modo da coprire il fabbisogno calorico e proteico specifico di ognuno, per fare questo vengono utilizzate diverse strategie nutrizionali come ad esempio la combinazione di più tipologie di nutrizione (NE + NP, nutrizione per os + NE notturna), nel caso il paziente si alimenti per os spesso vengono associati integratori ipercalorici completi, proteici in polvere da addizionare agli alimenti o entrambi.
Il passaggio alla dieta per os va inoltre sempre preceduto da una attenta valutazione e dal grading di una eventuale disfagia. E’ noto infatti che l’alterazione della deglutizione colpisca circa il 20% della popolazione dopo i 50 anni. La percentuale dei pazienti affetti da disfagia e non diagnosticati oscilla dall’80 al 95%. Nel nostro centro eseguiamo 3 test al blu di metilene con acqua gel o omogeneizzato in tre giorni consecutivi, educando il paziente alla corretta postura durante la deglutizione e nei casi più complessi, procediamo all’analisi della progressione del bolo colorato in visione diretta tramite laringoscopia. Una volta esclusa una alterazione delle fasi della deglutizione, si procede a all’alimentazione per os gradualmente, cominciando da una dieta cremosa sino ad arrivare ad una dieta semisolida e successivamente ad una dieta libera.
Un altro aspetto a cui prestare particolare attenzione è l’alvo, perché questo può influenzare l’appetito e l’assorbimento di nutrienti, acqua e farmaci, per favorire un alvo regolare vengono spesso utilizzati probiotici (L. casei) e prebiotici (soprattutto psyllium, PHGG o inulina) oppure olio di oliva per os o tramite sondino naso gastrico o PEG. Un alvo non regolarizzato non solo compromette ancor più una preesistente malnutrizione, ma spesso interrompe il protocollo riabilitativo iniziato dal paziente.
3) L’ultima fase prevede il follow-up in cui viene rilevato il peso e i suoi scostamenti rispetto alle precedenti misurazioni e si rivaluta, sulla base delle condizioni cliniche, il piano nutrizionale in tutti i suoi aspetti (calorie, nutrienti, via di somministrazione, consistenza della dieta per os ecc…). Le modifiche che riguardano la quota calorica e proteica seguono precisi step di incremento-decremento.
In conclusione, si può ben dire che la complessità dei pazienti sottoposti a riabilitazione in area post-critica richiede costantemente la presenza di notevoli e specifiche competenze nutrizionali che vanno ad integrare quotidianamente le altre competenze del team al fine di ottimizzare i tempi e la qualità del recupero psico-fisico del paziente sottoposto a svezzamento dalla ventilazione meccanica invasiva, a riabilitazione cardiorespiratoria e neuromotoria.
Dr. Ludovico Trianni
Dott.ssa Matilde Ghidoni dietista
Mail: Ghidoni.matilde@villapineta.it
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Un caro saluto a tutti gli amici di ventilab.