Sunday, January 13, 2013

Iperventilazione, ipocapnia e perfusione cerebrale.

L’iperventilazione e l’ipocapnia spesso ci preoccupano nei pazienti con trauma cranico. Condivido con gli amici di ventilab un caso che alcune settimane fa si è presentato nella mia Terapia Intensiva.

Marino è un settantenne ricoverato in Terapia Intensiva per trauma cranico. Durante i primi 8-10 giorni ha ipertensione endocranica, è mantenuto sedato con ventilazione controllata. La frequenza respiratoria viene regolata per mantenere una PaCO2 di circa 35 mmHgAl termine di questo periodo, rimuove il monitoraggio della pressione intracranica ed inizia la ventilazione assistita (tramite tracheotomia) con pressione di supporto 8-12 cmH2O e PEEP 8 cmH2O.  Il GCS è 2+4+1(T), con la risposta motoria appena accennata. Fin qui tutto regolare, un paziente impegnativo ma che non pone dubbi rilevanti sulla scelta del miglior trattamento.

In pressione di supporto Marino ha un volume corrente di circa 550-650 ml (più alti di quelli che piacerebbero a me), indifferente alle variazioni di pressione di supporto e la frequenza respiratoria di 20-25/min. La PaO2 è di 100 mmHg con FIO2 0.4. Un caso come tanti, se non avessimo la PaCO2 a 25 mmHg con pH 7.53. Il dubbio che alcuni colleghi pongono è: in un trauma cranico recente, l’ipocapnia può determinare delle riduzioni della perfusione cerebrale e favorire l’insorgere di lesioni ischemiche?

Non possiamo dare risposte assolutamente certe a questa domanda (vedi post del 12/11/2010, 21/11/2010 e 12/01/2011), è possibile però farsi guidare da fisiologia e buon senso.

Se non costasse nulla mantenere un paziente normocapnico, lo faremmo volentieri. Il prezzo per mantenere Marino normocapnico invece è abbastanza pesante. La variazione del livello di pressione di supporto non modifica il volume corrente: ciò significa che il livello di ventilazione di Marino dipende dal suo drive respiratorio e non è indotto dalla nostra ventilazione. Alla riduzione della pressione di supporto si associa infatti un aumento dell’attività dei muscoli respiratori per mantenere proprio questo livello di ventilazione. L’unica misura efficace per ridurre la ventilazione in questi casi è la sedazione. Ma vogliamo sedare proprio ora un paziente che può avviarsi verso lo svezzamento dalla ventilazione meccanica?

La risposta può essere data se riusciamo a distinguere le cause dalle conseguenze.

L’aumento della concentrazione degli ioni idrogeno Hdetermina (con meccanismi tra loro indipendenti) sia iperventilazione che vasodilatazione cerebrale. Viceversa la riduzione della concentrazione degli  H+ causa bradipnea e vasocostrizione cerebrale (1-4).

Se l’iperventilazione viene imposta ad un paziente in ventilazione meccanica controllata, questa determinerà riduzione della PaCO2 e di conseguenza riduzione dalla PCO2 liquorale. A quest’ultima conseguirà una riduzione della concentrazione degli H+ e la conseguente vasocostrizione cerebrale.

Molto diverso è il caso dell’iperventilazione spontanea. In questa condizione dobbiamo quindi chiederci: perchè il paziente iperventila? Tra le cause più frequenti possono essere l’acidosi liquorale o l’ipossiemia (1). Marino non ha ipossiemia, quindi possiamo sospettare una elevata concentrazione liquorale di H+ (ricordiamo che ha avuto un recente trauma cranico). In questi casi il pericolo dell’iperventilazione non è la vasocostrizione ma le eventuali conseguenze sistemiche dell’alcalosi respiratoria (ad esempio sull’apparato cardiovascolare).

Marino è stato lasciato in ventilazione assistita senza sedazione, in circa due giorni si è portato stabilmente ad una PaCO2 di 35 mmHg. Dopo un altro paio di giorni è stato svezzato dalla ventilazione meccanica e nella settimana successiva è stato dimesso in riabilitazione con un GCS di 4+5+1(T) e senza la comparsa di lesioni ischemiche all’ultima  TC encefalo prima della dimissione dall’ospedale. Un caso? Fortuna? 

Guardiamo allora questa emogasanalisi arteriosa, appartiene ad una giovane donna con chetoacidosi diabetica accettata dal nostro Pronto Soccorso qualche tempo fa. Non ci sono dubbi che vi sia una acidosi metabolica grave. La paziente ha eseguito numerose emogasanalisi e nella prima ora ha sempre avuto una PaCO2 tra 9 e 12 mmHg.

In questo caso ti aspetteresti una grave vasocostrizione cerebrale? Se siamo coerenti con il ragionamento fatto fino ad ora, dovremmo dire di no: l’iperventilazione è secondaria alla stimolazione del chemocettore centrale del midollo allungato (e dei copri aortici) da parte di un eccesso di  H+.  La clinica ci conferma questa interpretazione: questa giovane signora aveva uno stato di coscienza quasi normale, mostrandosi solo un po’ confusa. Nell’arco di qualche ora è poi tornata ad essere anche ben orientata, un elemento che supporta tutto il ragionamento che abbiamo fatto fino ad ora.

Sicuramente le interazioni tra ventilazione e perfusione cerebrale non si esauriscono con queste considerazioni, ed ogni caso deve essere valutato con prudenza e considerando tutte le ipotesi plausibili. Bisogna però evitare di credere la sedazione sia sempre indispensabile in caso di iperventilazione con ipocapnia.

Possiamo concludere dicendo che, di norma, l’iperventilazione con ipocapnia:

– determina acutamente ipoperfusione cerebrale se è indotta dalla ventilazione controllata;

– può coesistere una sufficiente perfusione cerebrale quando il paziente è in respiro spontaneo o ventilazione assistita (correttamente impostata!).

Un saluto a tutti gli amici di ventilab.

Bibliografia. 

1) Williams K et al. Control of breathing during mechanical ventilation: who is the boss? Respir Care 2011; 2-127-36

2) Raichle ME, Stone HL. Cerebral blood flow autoregulation and graded hypercapnia. Eur Neurol 1971-1972; 6:1-5.

3) Lumb AB. Nunn’s Applied Respiratory Physiology. Chapter 5: Control of breathing, pp. 61-82. Churchill Livingstone, 7th edition (2010).

4) Froman C et al. Hyperventilation associated with low pH of cerebrospinal fluid after intracranial haemorrhage. Lancet. 1966; 1(7441):780-2.

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