Forse tutti ricordiamo almeno un paziente che, nonostante un cospicuo versamento pleurico, era svezzato dalla ventilazione meccanica, senza dispnea, e con una PaO2 è maggior di 55-60 mmHg senza ossigenoterapia. Altre volte, in pazienti con insufficienza respiratoria e ventilazione meccanica, dreniamo versamenti pleurici di 2 litri senza osservare miglioramenti significativi della funzione respiratoria. Come si conciliano queste osservazioni con quei casi in cui invece l’evacuazione di un versamento pleurico produce un significativo miglioramento dell’ossigenazione e consente lo svezzamento dalla ventilazione meccanica? Quando conviene drenare un versamento e quando no? Perchè effetti così diversi tra un paziente ed un altro?
Quando drenare un versamento pleurico? A mio parere solo quando questo rappresenta un problema clinico: ritengo inutile drenare una pleura in un paziente svezzato dalla ventilazione, senza segni di infezione, senza ipossiemia e senza dispnea.
Rivediamo il caso di Rauf presentato nel post del 21 settembre: il nostro paziente aveva una grave insufficienza respiratoria associata al versamento pleurico. Quindi abbiamo ritenuto opportuno procedere al drenaggio, rimuovendo oltre due litri di liquido citrino dal cavo pleurico. La radiografia post toracentesi è quella che vedi in alto. La risposta clinica è stata notevole, il rapporto PaO2/FIO2 è passato da 80 a 208 mmHg.
Perchè proprio in Rauf ha funzionato il drenaggio pleurico? Potevamo prevederlo? Forse sì. Prova a pensare alla raccolta di liquido che si trova nel cavo pleurico, tra la gabbia toracica ed i polmoni. Che effetti produce questo versamento su torace (cioè coste e diaframma) e polmoni? L’effetto prevalente è la distensione del torace con una minima compressione dei polmoni: la riduzione del volume polmonare è infatti pari a circa un terzo del volume del versamento pleurico, mentre il restante volume va ad aumentare la distensione del torace (1). E’ per questo che spesso l’impatto del versamento sull’ossigenazione non è molto rilevante ed il drenaggio non produce sostanziali miglioramenti della PaO2 (2). Ma ora prova a pensare ad un paziente con un torace molto rigido (cioè poco compliante): il liquido che si accumula nello spazio pleurico avrà più facilità ad espandere il torace o a comprimere il polmone? La risposta è evidente: in questo caso sarà maggiore la compressione del polmone e minore l’espansione del torace. E ci possiamo quindi attendere una maggior efficacia del drenaggio pleurico sull’ossigenazione poichè riduciamo maggiormente la compressione del polmone. Rauf è proprio uno di questi pazienti con torace rigido. Come fare a riconoscerlo? Un primo elemento è la sua elevata pressione addominale (26 cmH2O): l’addome teso comprime verso l’alto il diaframma e quindi rende rigido il torace nella sua parte inferiore, di norma la più distensibile. E’ noto che la pressione addominale è direttamente proporzionale all’elastanza toracica, che è la misura della rigidità del torace (3). La diagnosi definitiva di torace rigido può avvenire con il calcolo dell’elastanza toracica (che richiede la misurazione della pressione esofagea): anche questa in Rauf era elevata, come si poteva supporre dai valori di pressione addominale.
Tutte queste spiegazioni possono anche essere complicate ma il messaggio clinico è molto semplice: in teoria il drenaggio pleurico produrrà un miglioramento dell’ossigenazione tanto maggiore quanto più teso è l’addome.
Un saluto a tutti.
Bibliografia:
1) Graf J. Pleural effusion in the mechanically ventilated patient. Curr Opin Crit Care 2009; 15:10-7
2) Doelken P et al. Effect of thoracentesis on respiratory mechanics and gas exchange in the patient receiving mechanical ventilation.Chest 2006; 130:1354-61
3) Gattinoni L et al. Chest wall elastance in acute lung injury/acute respiratory distress syndrome patients. Crit Care 2004; 8:350-5