Quale è il significato clinico della pressione venosa centrale? A cosa ci serve nella pratica clinica? Per molti le risposte a queste domande sono semplici: è una stima dello stato volemico e ci serve per guidare la somministrazione di fluidi. Questa visione è sostenuta anche da importanti linee guida (vedi ad esempio quella della Surviving Sepsis Campaign), peccato non sia supportata da alcuna evidenza scientifica…. La pressione venosa centrale è il punto di congiunzione tra circolazione venosa e pompa cardiaca destra. Nasconde informazioni utili nei suoi dettagli ed insidie nel suo valore numerico (soprattutto se cerchiamo dei valori soglia). Potremmo parlare a lungo del significato fisiologico e clinico della pressione venosa centrale, ma sarebbe un può fuori tema per ventilab, che è monotematico sull’insufficienza respiratoria e la ventilazione meccanica. Se però ti interessa che si vada “fuori tema” nei prossimi post parlando ancora di pressione venosa centrale, fammelo sapere.
Premesso questo, la prima difficoltà nell’uso della pressione venosa centrale è la corretta rilevazione. Quale punto di riferimento? Angolo sternale o linea ascellare media? La pressione venosa centrale è un’onda complessa. In quale punto leggere il valore? Il valore medio dell’onda, o in qualche punto tra le onde “a”, “c”, “v”? Quando la traccia della pressione venosa centrale oscilla durante la ventilazione, dove rilevarne il valore? Purtroppo il numero che vediamo sui monitor è spesso acritico ed ha bisogno di un’interpretazione competente. Teniamo conto che gli errori di lettura della pressione venosa centrale possono avere una notevole rilevanza: la pressione venosa centrale ha un range di presunti valori “normali” molto ristretto (tra 1 e 7 mmHg), ed un errore di pochi mmHg nella lettura può portare a conclusioni completamente sbagliate.
Oggi ci occuperemo esclusivamente dell’impatto della attività respiratoria sulla rilevazione della pressione venosa centrale.
La misurazione della pressione venosa centrale durante l’attività respiratoria.
Sappiamo che la rilevazione delle pressioni vascolari intratoraciche, e quindi anche della pressione venosa centrale, dovrebbe essere eseguita a fine espirazione. In alcuni casi è molto semplice, perchè non esistono rilevanti variazioni di pressione venosa centrale durante la respirazione, come ad esempio nella figura 1.
Ma in altri casi l’effetto della respirazione può indurre il monitoraggio a fornirci il numero “sbagliato”: in questo caso siamo noi a dovere correggere con intelligenza la lettura del monitor, come nell’esempio in figura 2.
Il monitor ci dice che il paziente ha 7 mmHg di pressione venosa centrale, ma in effetti questo non è vero. Vediamo l’onda della pressione venosa centrale che oscilla tra plateau di 12-13 mmHg e valli di 0-2 mmHg. Quali sono i valori di fine espirazione? In questo caso sono i plateau di 12-13 mmHg perchè il paziente è in respiro spontaneo: le pressioni all’interno del torace (anche quelle vascolari!) si riducono durante l’inspirazione e ritornano al loro livello basale (più elevato) durante l’espirazione. Quindi in questo caso specifico dovremo leggere 12-13 mmHg di pressione venosa centrale e non 7 mmHg come ci dice il monitor. Dobbiamo precisare che possiamo aiutare alcuni monitor a fare una lettura migliore andando a specificare nel menu se il paziente è in respiro spontaneo o in ventilazione controllata. Purtroppo questo non risolve i problemi in caso di ventilazione assistita (come quasi tutti i pazienti in Terapia Intensiva) o di espirazione attiva.
Quali implicazioni pratiche? Notevoli per gli amanti di linee guida e bundles: ad esempio la già citata Surviving Sepsis Campaign ci dice di somministrare fluidi per ottenere una pressione venosa centrale di 8-12 mmHg. Quindi se crediamo al valore che ci dà il monitor dovremmo somministrare ancora fluidi, se invece leggiamo accuratamente la pressione venosa centrale dovremmo iniziare l’infusione di norepinefrina in caso di ipotensione .
E’ diverso il caso nei pazienti in ventilazione meccanica controllata, come nell’esempio che possiamo vedere di seguito.
In questo caso l’onda della pressione venosa centrale raggiunge il proprio massimo durante l’inspirazione, quando tutte le pressioni intratoraciche aumentano per effetto dell’insufflazione meccanica in assenza di depressione pleurica secondaria all’utilizzo dei muscoli inspiratori. Quindi, al contrario del caso precedente, la pressione venosa centrale a fine espirazione coincide con il valore più basso. In questo caso sarebbe 6-7 mmHg, il monitor ci ha azzeccato (anche perchè era stato correttamente aiutato inserendo l’informazione che il paziente è in ventilazione controllata).
Ora vediamo un altro esempio un po’ più complesso di un paziente con ventilazione assistita:
In questo caso abbiamo un’ampia oscillazione della pressione venosa centrale, da valori negativi ad olte 30 mmHg, con la lettura automatica che ci dà il valore di 13 mmHg. Durante ventilazione assistita l’attività respiratoria del paziente è complessa: c’è una iniziale fase inspiratoria che porta al triggeraggio dell’inspirazione meccanica, quindi una fase di assistenza a pressione positiva, in cui la pressione pleurica può sia continua a diminuire che ad aumentare, ed infine l’espirazione. Un bel labirinto in cui doversi orientare. Ci può essere d’aiuto un semplice accorgimento: mantenere una mano sull’addome del paziente durante l’osservazione della curva di pressione venosa centrale sul monitor. Seguendo con la mano i movimenti dell’addome durante la ventilazione, potremo facilmente individuare inizio e fine di inspirazione ed espirazione senza staccare gli occhi dal monitor e capire in tempo reale quando ci troviamo a fine espirazione. Con la mano sull’addome possiamo facilmente percepire anche un espirio forzato attraverso la rilevazione della contrazione dei muscoli addominali durante l’espirazione (prova, vedrai che è molto semplice). E’ importante, perchè la fine espirazione che dobbiamo trovare è evidentemente una fine espirazione passiva e non attiva.
Rivediamo la figura 4 mentre tocchiamo l’addome del paziente e contemporaneamente guardiamo il monitor:
In questo caso ci rendiamo conto che i picchi di pressione venosa centrale corrispondono alla fase espiratoria, ma che questa è molto forzata e che quindi la pressione intratoracica aumenta per effetto della contrazione attiva ed intensa dei muscoli espiratori. Ci rendiamo conto che l’espirazione forzata è preceduta da un breve plateau, che è allo stesso livello dell’inizio dell’inspirazione. Questo può essere il livello di pressione venosa centrale in assenza di attività muscolare respiratoria (sia inspiratoria che espiratoria) e lo abbiamo identificato con la linea tratteggiata rossa a circa 5 mmHg, un valore ben diverso (e con potenziali implicazioni pratiche antitetiche) rispetto ai 13 mmHg rilevati dal monitor.
Prima di arrivare alle conclusioni, prova a decidere tu quale è il valore di pressione venosa centrale (approssimativamente) corretto in questo paziente (le linee bianche tratteggiate orizzontali sono a 7.5 mmHg di distanza tra loro):
Trascurando ogni considerazione sull’utilizzo clinico della pressione venosa centrale, possiamo riassumere quando abbiamo visto in 3 punti:
1) il valore della pressione venosa centrale non sempre coincide con quello rilevato dal monitoraggio;
2) il valore corretto di pressione venosa centrale dovrebbe essere rilevato a fine espirazione passiva (o comunque in assenza di attività dei muscoli inspiratori ed espiratori)
3) possiamo facilmente identificare il punto giusto di rilevazione della pressione venosa centrale guardando la traccia sul monitor e contemporaneamente seguendo la respirazione del paziente con una mano sul suo addome.
Un sorriso a tutti.