Monday, September 17, 2012

Embolia polmonare ed ipossiemia: mito o realtà?

L’embolia polmonare è un’ipotesi diagnostica ragionevole in caso di ipossiemia?

Sentiamo dire da decenni che l’embolia polmonare è sotto-diagnosticata. I tempi però cambiano e le tecniche diagnostiche diventano sempre più sensibili: oggigiorno in realtà si teme che vi sia un eccesso di diagnosi di embolia polmonare (vedi: Moynihan R et al. Preventing overdiagnosis: how to stop harming the healthy. BMJ 2012;344:e3502).

Ma torniamo alla vita di tutti i giorni. Spesso vedo proporre l’embolia polmonare nella diagnosi differenziale dei pazienti con insufficienza respiratoria, cosa poi puntualmente smentita dalla TC spirale. Se vogliamo essere bravi medici, dobbiamo evitare di esporre inutilemente i pazienti ad elevate dosi di radiazioni ed al mezzo di contrasto, con i rischi ad essi associati. Quindi dobbiamo (ri)scoprire la capacità di ragionamento clinico e non affidarci alla cieca richiesta di indagini diagnostiche.

Facciamo una prima considerazione: l’embolia polmonare (nonostante si chiami “polmonare”) è una malattia cardiovascolare e NON malattia respiratoria. E coerentemente i sintomi che la possono far sospettare sono TUTTI a carico dell’apparato cardiocircolatorio. Proviamo a vedere i segni e sintomi degli score che valutatano la probilità “clinica” di embolia polmonare:

Non troviamo nessun segno o sintomo riferibile all’insufficienza respiratoria. Le attuali linee guida definiscono europee ed americane (vedi bibliografia) definiscono il rischio moderato-elevato di embolia polmonare considerando solo ed esclusivamente ipotensione, bradicardia, arresto cardiaco, disfunzione ventricolare destra o danno miocardio. Se questi segni sono assenti, la probabilità di embolia polmonare (e di morte ad essa associata) è ritenuta bassa. A titolo di esempio presento la tabella riassuntiva delle linee guida europee:

Morale: quando valuto un paziente con insufficienza respiratoria SENZA compromissione cardiocircolatoria devo ritenere IMPROBABILE la presenza di embolia polmonare.

Dobbiamo anche essere consapevoli che il sovraccarico del ventricolo destro NON è un reperto specifico dell’embolia polmonare, essendo molto frequente anche nelle condizioni di insufficienza respiratoria acuta. Se l’ecocardiogramma “standard” evidenzia il sovraccarico del ventricolo destro, abbiamo comunque il 35% di probabilità che in realtà NON vi sia un’embolia polmonare.

E l’ipossiemia? Il 80% dei pazienti con embolia polmonare hanno ipossiemia secondaria alle alterazioni cardiovascolari. Le cause di ipossiemia possono essere:
1) effetto shunt: la circolazione polmonare viene dirottata sui capillari polmonari non coinvolti dall’evento embolico. In questi capillari aumenta la perfusione e si riduce di conseguenza il rapporto ventilazione/perfusione, generando quindi effetto shunt;
2) shunt: in circa un terzo dei pazienti il sovraccarico pressorio del cuore destro favorisce la formazione di shunt destro-sinistro da pervietà del forame ovale;
3) riduzione della saturazione venosa mista: la bassa portata cardiaca, conseguente all’embolismo, può ridurre la saturazione del sangue venoso misto. Questo amplifica l’ipossiemia secondaria a shunt ed effetto shunt, poichè il sangue “shuntato” contiene meno ossigeno del normale.

Quindi NON non dobbiamo sospettare l’embolia polmare sulla base di un’emogasanalisi (men che meno a casua dell’ipocapnia!!!).

E ricordiamoci che il D-dimero non ha senso per confermare il sospetto di embolia polmonare (e quindi non dovrebbe essere fatto) nei pazienti con malattie concomitanti (polmonite, sepsi, neoplasie, necrosi, dissezione aortica, ecc.): in questi casi infatti è normalmente elevato. Può essere sicuramente più utile, a questo fine, nei pazienti appena giunti in Pronto Soccorso e senza altre evidenti malattie.

Per concludere, quali i messaggi da trasferire nella nostra pratica clinica?

– l’ipossiemia NON è un motivo sufficiente per iniziare un percorso diagnostico per embolia polmonare;

ipotensione o disfunzione ventricolare destrase non altrimenti spiegabili, invece possono ragionevolamente fare valutare la diagnosi di embolia polmonare;

ipotensione in un paziente ospedalizzato: pensiamo anche a sepsi grave/shock settico;

– dobbiamo evitare di tirare in ballo l’embolia polmonare solo perchè non stiamo capendo nulla: non è giusto regalare radiazioni e mezzo di contrasto in assenza di un serio approccio clinico (oltre a non essere un buon modo di fare i medici).

Un saluto a tutti (ed in particolare ai colleghi che conoscerò personalmente giovedì al prossimo Corso di Ventilazione Meccanica).

A presto.

 

Bibliografia

Torbicki A et al. Guidelines on the diagnosis and management of acute pulmonary embolism: the Task Force for the Diagnosis and Management of Acute Pulmonary Embolism of the European Society of Cardiology (ESC). European heart journal 2008; 29:2276–315 

Jaff MR et al. Management of massive and submassive pulmonary embolism, iliofemoral deep vein thrombosis, and chronic thromboembolic pulmonary hypertension: a scientific statement from the American Heart Association. Circulation 2011; 123: 1788–830

Kurzyna M et al. Disturbed right ventricular ejection pattern as a new Doppler echocardiographic sign of acute pulmonary embolism. Am J Cardiol 2002; 90:507-11)

Moynihan R et al. Preventing overdiagnosis: how to stop harming the healthy. BMJ 2012;344:e3502

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