Oggi parliamo di trigger nella ventilazione meccanica.
Il trigger è genericamente un dispositivo che innesca qualcosa. Tipicamente nelle armi da fuoco è il grilletto. Nella ventilazione meccanica il trigger è qualcos’altro.
Utilizziamo ogni giorno due tipi di trigger: trigger inspiratorio e trigger espiratorio.
Trigger inspiratorio.
Il trigger inspiratorio è quel dispositivo che consente al ventilatore di iniziare la propria fase inspiratoria un sincronia con l’inizio dell’inspirazione del paziente.
Tipi di trigger.
Sono utilizzati nella pratica clinica tre tipi di trigger inspiratorio:
– trigger a pressione: durante l’espirazione la valvola inspiratoria del ventilatore è chiusa. Quando il paziente inizia l’inspirazione successiva, si genera una pressione negativa nel circuito del ventilatore. Infatti, come descritto dalla legge di Boyle, il prodotto di pressione e volume è costante. Quindi se aumenta il volume dei polmoni (=inspirazione) ma non vi entra nuovo gas (valvola inspiratoria chiusa), la pressione diminuisce. Noi possiamo scegliere il livello critico di riduzione della pressione nel circuito respiratorio che il ventilatore identifica con l’inspirazione del paziente: questo è il nostro trigger. Il valore da scegliere dovrebbe essere sempre il più basso possibile, in modo tale da rendere il trigger molto sensibile: questo consentirà una tempestiva assistenza inspiratoria e la riduzione del lavoro del paziente sprecato per attivare l’inspirazione del ventilatore meccanico. Solitamente i valori che conviene impostare sono dell’ordine di -0.5/-1 cmH2O. Il rischio di un trigger troppo sensibile è l’autociclaggio della macchina, cioè l’innesco di atti inspiratori non richiesti dal paziente. Nel post del 8 maggio puoi leggere e vedere come riconoscere quando gli atti inspiratori sono effettivamente richiesti dal paziente
– trigger a flusso: le valvole inspiratoria ed espiratoria non si chiudono mai ed il ventilatore eroga un flusso continuo (bias flow o flusso di base). Il flusso di base in alcuni ventilatori è regolabile nel pannello delle impostazioni, in altri è fisso (ad esempio nei ventilatori Siemens/Maquet è di 2 l/min). Quando il paziente finisce l’espirazione, rimarrà nel circuito del ventilatore il flusso di base: esso esce dalla via inspiratoria e rientra inalterato nel ventilatore attraverso la via espiratoria. Se il paziente inizia l’inspirazione, una parte del flusso di base sarà sottratta dal paziente ed al ventilatore rientrerà un flusso minore di quello erogato. Questo è il segnale che il paziente inizia ad inspirare e così sarà innescata l’assistenza inspiratoria. Il trigger a flusso può essere reso più sensibile impostando un basso valore di sensibilità di flusso. La sensibilità di flusso è la differenza tra flusso di base che esce dalla branca inspiratoria ed il flusso che rientra nel ventilatore dalla branca espiratoria. In molti ventilatori è direttamente regolabile: una sensibilità di flusso di 1 l/min imposta un trigger più sensibile rispetto a una sensibilità di flusso di 5 l/min. Nel Servo 300 Siemens la sensibilità di flusso non si esprime in l/min, ma su una scala colorata: sul rosso il trigger è più sensibile e sul verde lo è meno. Nel Servoi Maquet ci sono anche dei numeri da 1 a 10: attenzione, non inidicano i l/min di sensibilità di flusso! 10 è il trigger più sensibile mentre 1 è il meno sensibile.
– trigger neurale: attualmente disponibile nella modalità di ventilazione NAVA (Neurally Adjusted Ventilatory Assist) della Maquet, consente di innescare l’insufflazione quando la inizia la depolarizzazione del diaframma. Richiede il posizionamento di un apposito sondino naso-gastrico dotato di elettrodi che vengono a posizionarsi a livello del diaframma. Prossimamente daremo spazio alla NAVA. Per ora ci basta anticipare che sincronizzare il ventilatore sull’inizio della contrazione diaframmatica (cioè della sua depolarizzazione) può dare la massima sensibilità al trigger, perchè le variazioni di flusso o pressione del circuito sono sicuramente più tardive e soggette a numerose variabili, come ad esempio PEEP intrinseca, resistenze delle vie aeree, compliance, forza muscolare, …
Trigger a pressione o a flusso?
Ventilazione assistita. Nella maggior parte dei pazienti non vi sono differenze clinicamente rilevanti tra un trigger a pressione o uno a flusso, se opportunamente impostati (1,2). Tuttavia, in alcuni pazienti con sforzi inefficaci, la maggior sensibilità del trigger a flusso può migliorare la sincronia ventilatore-paziente, riducendo la frequenza degli sforzi inefficaci. Riprendendo il caso commentato nel post del 8 maggio, vediamo come si modifica la sincronia paziente-ventilatore modificando il trigger. Nella figura 1 vediamo un trigger a pressione di -1 cnH2O e nella figura 2 un trigger a flusso alla minima sensibilità (livello 1 in un Servoi Maquet). Risultato: nessuna differenza tra le due modalità di trigger.
Ma se rendiamo massima la sensibilità del trigger a flusso (livello 10), la sincronia diventa perfetta (figura 3).
Nella figura 4 vediamo invece cosa succede se si riduce un pochino la sensibilità del trigger a pressione rispetto alla figura 1 (da -1 a -2 cmH2O): un disastro, come discusso nel post precedente.
CPAP. Non ho dubbi: trigger a flusso ad elevata sensibilità. In CPAP non si triggera nessuna assistenza inspiratoria, quindi nessun problema di autociclaggio del ventilatore.
Trigger espiratorio.
Un aspetto spesso trascurato. Nella ventilazione a pressione di supporto il flusso inspiratorio è decrescente (se il paziente non ha una intensa attività dei propri muscoli inspiratori). L’inspirazione termina quando il flusso inspiratorio, riducendosi progressivamente, raggiunge un valore critico. Nei ventilatori più recenti il trigger espiratorio è regolabile ed il livello di flusso inspiratorio che triggera l’espirazione è espressa come % del massimo flusso inspiratorio. Nelle macchine più datate (es. Servo 300 Siemens) il trigger espirartorio è invece fisso e non compare tra le opzioni di impostazione.
Vediamo un esempio nella figura 5. Se scegliamo come trigger espiratorio il 50% del picco di flusso inspiratorio (parte sinistra della figura) vediamo che quando si dimezza il picco di flusso inspiratorio, l’inspirazione termina ed inizia l’espirazione. Quando si sceglia un trigger espiratorio del 5% (parte destra della figura), l’effetto è quello di prolungare la durata dell’inspirazione: infatti ci vuole più tempo per raggiungere il valore critico di flusso che consente di passare all’espirazione. Quindi un trigger espiratorio basso aumenta la durata dell’inspirazione (esistono frequenti eccezioni che però meritano un post tutto per sè).
Come regolare il trigger espiratorio?
Nei pazienti con PEEP intrinseca un trigger espiratorio del 40-50% riduce l’iperinflazione dinamica e lavoro respiratorio e migliora l’interazione paziente ventilatore (3,4). A mio parere, un trigger espiratorio ridotto (10-20%) è preferibile invece nei pazienti senza PEEPi se sono ipossiemici, se hanno inspirazioni brevi o se hanno bisogno di un pieno supporto dei muscoli inspiratori.
Anche oggi abbiamo messo parecchia carne al fuoco. Per necessità di sintesi non ho approfondito molti aspetti relativi al triggeraggio inspiratorio ed espiratorio: se hai qualche dubbio o suggerimento, non esitare a lasciare un commento nello spazio sottostante.
Un saluto a tutti gli amici di ventilab.
Bibliografia.
1) Tutuncu AS et al. Comparison of pressure- and flow-triggered pressure-support ventilation on weaning parameters in patients recovering from acute respiratory failure. Crit Care Med 1997; 25:756-60.
2) Goulet R et al. Pressure vs. flow triggering during pressure support ventilation. Chest 1997; 111:1649-53.
3) Chiumello D et al. Effect of different cycling-off criteria and positive end-expiratory pressure during pressure support ventilation in patients with chronic obstructive pulmonary disease. Crit Care Med 2007; 35:2547-52
4) Tassuax D et al. Impact of expiratory trigger setting on delayed cycling and inspiratory muscle workload. Am J Respir Crit Care Med 2005; 172:1283-9.
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