Wednesday, February 29, 2012

Pressione controllata a target di volume: monitoraggio grafico e interazione paziente-ventilatore (II parte).

Proseguiamo il commento al post del 20 febbraio. Il metodo “ABC” ci ha consentito una prima analisi della fase inspiratoria: siamo diventati consapevoli che il paziente ha diversi livelli di attività durante le cinque inspirazioni riprodotte sullo schermo del ventilatore.

Ora cerchiamo di approfondire l’interpretazione dell’interazione ventilatore-paziente con la fase “DEF” dell’analisi del monitoraggio grafico della ventilazione.

Nella figura 1 analizziamo la “D“: l’inizio dell’attivazione dei muscoli espiratori durante l’inspirazione. Ricordiamo che i muscoli espiratori sono addominali. Questa avviene se il paziente vuole terminare l’inspirazione prima che il ventilatore glielo consenta.*

Figura 1

Vediamo nel respiro 2 e nel respiro 5 che la pressione nelle vie aeree inizia a salire un pochino dopo un breve iniziale plateau (linea “a”) per stabilizzarsi su un nuovo plateau tra i punti “b” e “c”. Il flusso inspiratorio in corrispondenza della linea “a” aumenta la propria pendenza e si azzera rapidamente, mantenendosi poi a zero tra il punto “b” ed il punto “c”. Interpretiamo questi reperti: il breve plateau iniziale nella pressione delle vie aeree è il livello di pressione applicato dal ventilatore per cercare di raggiungere (o avvicinarsi) al volume corrente impostato. Questo si manterrebbe immodificato fino alla fine dell’inspirazione in assenza di attività dei muscoli respiratori (inspiratori o espiratori) del paziente. In questo caso, nelle inspirazioni 2 e 5, in “a” il paziente inizia a contrarre i muscoli espiratori perchè si è “stufato” di inspirare e vuole espirare. La contrazione degli addominali aumenta la pressione endoaddominale e di conseguenza anche le pressioni pleurica ed alveolare. Se aumenta la pressione alveolare, la prima conseguenza (durante le ventilazioni pressometriche) è la riduzione del flusso inspiratorio che è originato proprio dalla differenza di pressione tra ventilatore e alveoli**. In corrispondenza della linea “a” si vede infatti la brusca riduzione del flusso inspiratorio (la “gobba” in prossimità della punta della freccia): questo segna l’inizio dell’attivazione dei muscoli espiratori. La pressione alveolare, aumentata dalla contrazione dei muscoli espiratori, aumenta al punto tale da eguagliare e superare quella raggiunta dal ventilatore all’inizio dell’inspirazione: questo spiega la cessazione del flusso inspiratorio ed il piccolo aumento della pressione nelle vie aeree (come si vede nello spazio tra i punti “b” e “c”). Il flusso cessa quando la pressione alveolare diviene uguale a quella raggiunta dal ventilatore: in assenza di una differenza di pressione non esiste flusso. Se la pressione alveolare poi aumenta oltre, questo aumento si ripercuote nelle vie aeree fino al ventilatore, poichè il flusso espiratorio non può iniziare se non quando è terminato il tempo inspiratorio.

Passiamo ora alla “E” (figura 2): come avviene l’espirazione?

Figura 2.

Negli atti 2 e 5 il flusso espiratorio mostra un decadimento esponenziale che gradualmente si azzera, come caratteristico nell’espirazione passiva (nel respiro 5 l’azzeramento del flusso è ragionevole da prevedere). Quindi possiamo concludere che in queste espirazioni i muscoli espiratori, attivati durante l’inspirazione, non mantengono un’attività rilevante quando viene consentito al paziente di espirare, tendono cioè a rilassarsi rapidamente. Nei respiri 1 e 4 il flusso espiratorio è ancora decrescente (anche se non chiaramente esponenziale) ma sia il picco che la durata dell’espirazione sono ridotti rispetto a quello dei respiri 2 e 5. Questo vuol dire che in queste espirazioni è stato espirato un volume minore rispetto agli altri respiri. E questo è un buon motivo per spiegare perchè nel respiro successivo il paziente ha fretta di espirare già a metà dell’inspirazione: ha ancora nei polmoni una parte del volume corrente precedente e dopo mezza inspirazione è già soddisfatto.

E cosa succede invece nell’espirazione 3? Inizialmente il flusso decresce più o meno in maniera simile all’espirazione 1, ma in corrispondenza della prima freccia bianca è come se iniziasse una seconda espirazione. Nel frattempo, osservando la pressione delle vie aeree, vediamo che il livello di PEEP crolla quasi a zero e così si mantiene per circa un secondo. Evidentemente se cala la PEEP, aumenta improvvisamete la differenza di pressione tra alveoli e ventilatore, e l’espirazione ricomincia da un nuovo livello di flusso. Cosa è successo? Un guasto al ventilatore meccanico! Il ventilatore ha “perso” la PEEP, cosa che non dovrebbe assolutamente fare mai. Per questo motivo il ventilatore è stato rimosso dal paziente ed inviato alla riparazione. In assenza di un’attenta valutazione del monitoraggio grafico della ventilazione non ci saremmo accorti di questo problema!

Infine passiamo alla “F”: quando iniziano ad attivarsi i muscoli inspiratoriPer riconoscere l’inizio dell’attività inspiratoria dobbiamo osservare almeno uno di questi due segni: un rapido azzeramento del flusso espiratorio (segno tipico della PEEP intrinseca) e/o un piccolo calo della pressione delle vie aeree che precede l’insufflazione (segno dell’attivazione del trigger inspiratorio). Ho inserito nella figura 3 una freccia all’inizio di ciascuna inspirazione sia nelle curve di flusso che di pressione.

 

Figura 3.

Nella curva di flusso non si vedono evidenti rapidi azzeramenti del flusso espiratorio (si potrebbe discutere dell’espirazione 5, ma preferisco non complicare ulteriormente la vita…). Notiamo che all’inizio dell’inspirazione 5, sulla curva di pressione, è evidente un piccolo calo della pressione (sotto il livello della PEEP, linea tratteggiata rossa) prima dell’insufflazione: questo è un chiaro segno che questa inspirazione è iniziata dall’attivazione dei muscoli inspiratori. E’ minimo, quasi impercettibile, il triggeraggio sugli atti 2 e 3.

Le inspirazioni 1 e 4 non mostrano invece nessun segno di attivazione del trigger, quindi fanno parte dei 20 atti di frequenza respiratoria impostati sul ventilatore ed erogati automaticamente. Notiamo che questi due atti controllati anticipano di poco le inspirazioni 2 e 5, triggerate dal paziente: queste sono troppo ravvicinate alle precedenti, tanto che il paziente ne ha già abbastanza a metà inspirazione (come abbiamo già discusso sopra).

Si potrebbe aggiungere qualche altra considerazione su questo monitoraggio grafico, ma penso che così sia più che sufficiente.

L’analisi delle curve del monitoraggio grafico ci ha offerto molti spunti di riflessione sull’interazione paziente-ventilatore (e sul malfunzionamento del ventilatore meccanico). Un occhio esperto coglie in pochi istanti tutto quello che siamo detti in questi ultimi due post. Proviamo a pensare quanto possa essere efficace nella gestione clinica saper vedere tutte le informazioni che le curve pressione-tempo e flusso-tempo possono darci: è gratis e si può fare senza fatica tutti i giorni, più volte al giorno, su tutti i nostri pazienti ventilati, con un solo colpo d’occhio, in pochi secondi.

Tutti convinti di quello che ho scritto? Ci sono dubbi o incertezze? Servono approfondimenti? Sono a disposizione di tutti gli amici di ventilab per cercare di chiarire i lati oscuri o che si possono prestare ad interpretazioni alternative. E prometto che settimana prossima cambierò argomento!

Ciao.

Note:

*La PCV-VG è una ventilazione ciclata a tempo, cioè l’inspirazione termina quando è trascorso il tempo inspiratorio programmato dal ventilatore. Nel nostro caso l’inspirazione dura 1 secondo: infatti la frequenza respiratoria impostata è di 20/min, quindi ogni ciclo respiratorio dura 3 secondi. Il rapporto I:E è 1:2, ne deriva che l’inspirazione ha la durata fissa di 1 secondo. L’espirazione invece non ha una durata fissa: se il paziente non triggera dura 2 secondi, come previsto dal I:E, ma se il paziente ativa il trigger inspiratorio prima di questo tempo, l’espirazione si interrompe (vedi anche il post del 01/03/2011).
**Volendo essere pignoli si dovrebbe parlare della differenza di pressione tra ventilatore e bronchioli terminali, dove normalmente termina il flusso convettivo. Parliamo sempre di alveoli perchè, a mio parere, è più semplice da capire. Ed anche perchè tra alveoli e bronchioli terminali non vi sono differenze di pressione (il flusso è normalmente diffusivo).

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