Oggi facciamo i conti con una interessante provocazione di Francesco di Pinerolo, che ci scrive:
“Mi è capitato alcune volte di ventilare pazienti con ipossia grave e di scontrarmi con le loro esigenze. Ricordo il caso di un paziente con polmonite bilaterale con una vistosa ipossia che avrebbe tanto avuto il piacere di respirare con un tidal di 10-12 ml/kg per 10 di frequenza. Impossibile schiodarlo di lì pena un terribile disadattamento nonostante sedazione e controsedazione con propofol e oppioidi.
Altro caso questa sera con un paziente in ARDS di 1 e 70 di altezza sedato con propofol e sufentanil a dosaggio generoso che se ne stava tranquillo ventilato in pressione controllata con dei valori anche modesti 15 di pressione inspiratoria e 16 di PEEP FiO2 1 facendo i suoi 800-1000 ml per 16 con un PaO2/FIO2 di 75. Perfettamente adattato sottolineo. Arrivo io bello bello e dico: non si può ventilare uno in ARDS così e allora diminuisco la pressione inspiratoria e aumento la PEEP a 20 e aumento la frequenza a 24. Risultato: il paziente si rivolta contro il ventilatore con tanto di goccioloni di sudore sulla fronte e desaturazione allegata. E io caparbio lo curarizzo e gli impongo una ventilazione in volume controllato 480 x 26 con PEEP di 16 (trovata con il metodo delle PEEP decrescenti), pressione di plateau di 26.
Ma come sempre mi coglie un dubbio: penso che il nostro corpo, la natura cerchi da sola di trovare dei rimedi ai problemi che incontra. E allora in questi pazienti “mantice” che amano i tidal generosi e i tempi espiratori lunghi non sarebbe meglio assecondarli piuttosto che voler imporre loro una ventilazione protettiva? Non sarebbe possibile ventilarli in assistita e tollerare qualunque cosa succeda piuttosto che sedarli pesantemente o curarizzarli?”
Tutti abbiamo avuto a che fare con pazienti simili a quelli che ci descrive Francesco. Penso che la risposta al suo dubbio sia necessariamente molto articolata.
Oggi esaminiamo solo un aspetto del problema: perchè questi pazienti sembrano desiderare alti volumi correnti e basse frequenze respiratorie? E’ proprio madre natura che glielo consiglia?
Nella ARDS lo spazio morto è molto elevato, mediamente il 60% del volume corrente. Lo spazio morto è tanto più grande quanto più grave è il paziente, tanto è vero che è la variabile che più si associa al rischio di morte dei pazienti con ARDS (1). Spazio morto elevato significa che per mantenere costante la PaCO2 bisogna aumentare la ventilazione.
Il grafico riportato di seguito ci mostra come varia la PaCO2 al variare del rapporto tra spazio morto (Vd) e volume corrente (Vt) in un soggetto con normale produzione di CO2 (200 ml/min), Vt di 0.5 l e frequenza respiratoria di 16/min.
Possiamo vedere che se il Vd/Vt è 0.3, come in fisiologia, si avrà una PaCO2 di 40. Se il Vd/Vt diventa 0.65 (come spesso si vede nella ARDS), a parità di ventilazione la PaCO2 diventa circa 80 mmHg. E’ evidente che questo aumento della PaCO2 sarà evitato o limitato da un aumento della ventilazione/minuto conseguente alla stimolazione dei centri respiratori secondaria alle variazioni di PaCO2 e pH plasmatici e liquorali (vedi anche post del 21/11/2010).
Ma come fa normalmente un paziente ad aumentare la ventilazione/minuto? E’ esperienza quotidiana che ciò avviene aumentando la frequenza respiratoria e non il volume corrente. E perchè i pazienti di cui ci parla Francesco non aumentano la frequenza respiratoria?
A mio parere c’è una ragionevole spiegazione: stanno ricevendo oppioidi. Sappiamo infatti che gli oppioidi riducono la frequenza respiratoria nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta, mantenendo costante o aumentando il volume corrente (2,3).
In sintesi: necessità di elevata ventilazione alveolare + bassa frequenza respiratoria grazie agli oppioidi = elevati volumi correnti.
Non è quindi la natura che porta il nostro paziente alti volumi correnti, ma questo pattern respiratorio è il frutto di un paradiso artificiale. Probabilmente la natura l’avrebbe portato verso un respiro rapido e superficiale (cioè con bassi volumi correnti). Gli alti volumi correnti non dovrebbero quindi essere interpretati come un meccanismo naturalmente protettivo messo in atto dal nostro organismo.
Detto questo, ma i 1000 ml di volume corrente fanno proprio male al nostro paziente con ARDS se questo sembra l’unico modo per tenerlo adattato alla ventilazione meccanica?
La risposta a questa domanda è un po’ complessa e richiede tempo. Quindi risolveremo il caso alla prossima puntata.
Nel frattempo aspetto qualche commento degli amici di ventilab che amano mettersi in gioco.
Bibliografia.
1) Nuckton TJ et al. Pulmonary dead-space fraction as a risk factor for death in the acute respiratory distress syndrome. N Eng J Med 2002; 346:1281-6
2) Leino K et al. Time course of changes in breathing pattern in morphine- and oxycodone-induced respiratory depression. Anaesthesia 1999; 54:835-40
3) Natalini G et al. Remifentanil improves breathing pattern and reduces inspiratory workload in tachypneic patients. Respir Care 2011; 56:827-33
PS: per Francesco: grazie, come sempre, per il contributo. E soprattutto: FORZA ELENA!!!
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