Sunday, September 1, 2013

L'infermiere ed il monitoraggio grafico della ventilazione meccanica: perchè è indispensabile, come imparare.

florenceMolti infermieri seguono assiduamente ventilab (per inciso, vi chiedo la cortesia di dedicare 3 minuti alla compilazione del questionario sugli Aspetti relazionali nella donazione di organi che trovate all’inizio della pagina). E’ un segno tangibile dell’interesse e della voglia di migliorare le conoscenze sulla ventilazione meccanica ed il suo monitoraggio, un argomento tradizionalmente ostico in cui serve qualcuno che ti dà una mano.

Ecco la buona notizia per gli infermieri: finalmente venerdì 18 ottobre 2013 si terrà a Brescia il “Corso base di ventilazione meccanica ed interpretazione del monitoraggio grafico” (clicca qui per vedere la locandina). E’ un corso per infermieri fatto da infermieri (ci sarò comunque anche io a dare, se necessario, il mio contributo), molto curato sia nella parte teorica che in quella pratica, con obiettivi didattici chiari che portarenno, già alla fine della giornata, all’acquisizione di nuove competenze. Nelle edizioni già svolte a livello locale i riscontri sono stati ottimi sia in termini di gradimento che di apprendimento.

Il “Corso base di ventilazione meccanica ed interpretazione del monitoraggio grafico” è a numero chiuso, dura tutta la giornata ed ha un costo simbolico di 35 euro (pranzo incluso). Per iscriverti clicca qui, cerca nell’elenco degli eventi “Corso base di ventilazione meccanica ed interpretazione del monitoraggio grafico” e procedi all’iscrizione online (tutti i dettagli sono comunque specificati nella locandina).

Ho lasciato alla fine la presentazione dei docenti, non perchè meno importante ma perchè il post proseguirà con un contributo interamente scritto da loro. I due docenti sono Cristian Fusi ed Enrico Bulleri, due bravissimi infermieri che da anni lavorano con me (e con l’altrettanto meraviglioso gruppo di infermieri e medici della Terapia Intensiva di Fondazione Poliambulanza) e che si sono appassionati di curve e ventilatori fin dall’inizio della loro attività. Non spendo altre parole, la prova dei fatti dirà il resto.

Ecco il post che Enrico e Cristian hanno preparato per noi.

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Il signor Alberto, di anni 73, è stato ricoverato presso il nostro reparto con una diagnosi di insufficienza respiratoria. L’anamnesi patologica remota riporta lieve insufficienza renale, diabete mellito tipo 2 ed ipertensione arteriosa.

Il decorso in terapia intensiva è stato caratterizzato da un quadro di grave disfunzione polmonare conseguente a polmonite comunitaria. Dopo tracheotomia in ottava giornata ed in risposta a miglioramento progressivo della patologia di ammissione, comincia periodi di respiro spontaneo in t-tube dalla decima giornata.

Dopo uno di questi periodi di circa due ore, l’infermiere che segue Alberto riscontra tachipnea (frequenza respiratoria 32/min) e dispnea, desaturazione (SpO2 86%), tachicardia 131/min e moderata ipertensione arteriosa.

Si esegue EGA arterioso e si contatta il medico di guardia telefonicamente, perchè impegnato in Pronto Soccorso per una consulenza, che decide di ricollegare il paziente al ventilatore in modalità pressione di supporto (PSV), confermando l’impostazione del ventilatore precedente il periodo di respirazione spontanea (PEEP 5 cmH2O e PS 5 cmH2O).

Vediamo nella figura 1 come si presenta il monitoraggio grafico (in giallo la pressione delle vie aeree ed in verde il flusso):

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FIGURA 1

L’obiettivo di questo intervento dovrebbe essere mettere a riposo la muscolatura respiratoria che mostrava segni di distress e “ricaricare le pile” per un nuovo ciclo di respiro spontaneo.

Siamo sicuri che il setting della ventilazione in precedenza impostato ci consenta di raggiungere quest’obiettivo? A nostro parere no, abbiamo diversi segni che ci permettono di capire che il nostro paziente stia ancora faticando.

Diamo per scontato che i lettori di ventilab conoscano “il metodo” dell’A-B-C-D-E-F, in caso contrario invitiamo a dargli una “sbirciatina”, (post 13/8/10; 20/8/10; 29/8/10).

Come primo segno notiamo che la frequenza respiratoria è ancora elevata: 32 atti/min in respiro spontaneo e 30 atti/min dopo 10 minuti di ventilazione.

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FIGURA 2

Nella figura 1, guardando la curva flusso-tempo (in verde), distinguiamo la fase inspiratoria ed espiratoria: sopra la linea dello zero siamo in inspirazione e di conseguenza al di sotto dello zero abbiamo la curva di flusso espiratorio. Ricordiamo che il flusso inspiratorio di un paziente a riposo in PSV si presenta con un picco di flusso iniziale a cui segue un progressivo decadimento (Fig. 2).
Nel nostro caso abbiamo invece un flusso inspiratorio sinusoidale, indice d’intensa attività della muscolatura respiratoria.

Inoltre, osservando il setting della ventilazione (PS 5 cmH2O e PEEP 5 cmH2O) ci aspettiamo che il ventilatore mantenga durante tutta la fase inspiratoria una pressione costante di 10 cmH2O, ma sulla nostra curva pressione-tempo questo non accade (figura 3) perché il paziente sottrae aria più velocemente di quanto il ventilatore non riesca a dargliene, impedendogli così di pressurizzare l’apparato respiratorio fin dall’inizio .

FIGURA 3

FIGURA 3: differenza di pressione tra inizio e fine inspirazione

FIGURA 4

FIGURA 4: differenza tra la curva attesa e quella riscontrata

La linea rossa tratteggiata nella figura 4 rappresenta l’andamento della pressione attesa (o meglio ciò che il ventilatore vorrebbe fare), ma l’attività del paziente “svuota” questa onda quadra. Il lavoro inspiratorio del paziente cessa solo alla fine, quando il polmone è ormai pieno d’aria, permettendo al ventilatore di raggiungere il valore di pressione inspiratoria impostato (10 cmH2O).

Tantissime altre informazioni possono essere ricavate da queste curve, ma basta anche questa semplice analisi del monitoraggio grafico per individuare un problema. L’infermiere che teneva monitorato il paziente ha saputo interpretare le curve ed avvisare tempestivamente il medico, che ha provveduto ad aumentare la pressione di supporto adeguandola all’esigenza del paziente, nel nostro caso da 5 a 10 cmH2O, favorendo il riposo della muscolatura respiratoria e permettendo così, dopo poco tempo, un nuovo ciclo di respiro spontaneo.

Nella figura 5 vediamo come si presenta il monitoraggio grafico dopo che l’aumento del PS ha permesso di raggiungere l’obiettivo e l’infermiere, è stato ben attento, poi, a controllare eventuale presenza di autociclaggio (post 27/1/13).

FIGURA 5

FIGURA 5 

Nella nostra esperienza lavorativa il monitoraggio grafico è stato uno potente strumento per capire le necessità dei pazienti, valutare l’efficacia di un trattamento, risolvere diversi problemi in autonomia (quando di nostra competenza) e ridurre in diverse situazioni il tempo d’intervento medico con segnalazioni tempestive e qualificate.

 

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